File:Panoramicatuffatrice.JPG

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Description
Italiano: Scultura in cementi acciaio pietra dimensione max 305 cm.la roccia e' parte integrante della scultura.

Commento del critico
Specifico
Nuova scultura a Celle Ligure
E' stata inaugurata di recente la svettante scultura "La Tuffatrice" dello scultore genovese , un'opera fortemente aerodinamica alta m.1,85 e composta da un paio di gambe unite, tese nello sforzo di concentrazione per il salto nel vuoto, che proseguono nella solidità di un corpo femminile piegato in avanti a squadra (all'altezza della vita) con braccia e testa chine verso il basso. Prende così forma la silhouette di una giovane donna che, specie verso il culmine della statua evoca, alla percezione visiva, l'agile forma di un guizzante delfino. L'opera è stata realizzata in cemento e pietra, con armatura d'acciaio, dalle tonalità oscillanti tra squamature brunite e macchie biancastre a carattere schiumoso. Sembra quasi materializzarsi un vibratile derma chiazzato in alcuni punti di porosa salsedine. Infatti questa affascinante scultura è stata posizionata sulla sommità di uno scoglio collocato sulla "passeggiata a mare" di Pennello, in prossimità di Celle Ligure, così da spruzzarsi di mare entro il quale idealmente dovrebbe tuffarsi. Il genovese è solido scultore di figure umane ed animali sovente al limite della figurazione e spesso intese come blocchi petrigni carichi di energia in tensione, come è il caso di questo lavoro in cui il corpo è contratto nella solidità muscolare e concentrato nel compimento di un atletico e perfetto tuffo. Questa opera è copia di un'altra scultura ed è stata assegnata dall'autore alla cittadina di Celle: è stata posizionata sulla passeggiata a mare in occasione del gemellaggio tra la cittadina di Celle (in Germania) e la nostra cittadina balneare omonima avvenuto venerdì 19 e sabato 20 maggio.
Miriam Cristaldi

Generale:

Tematica della scultura: ricerca di soluzioni tecniche e rappresentazione delle emozioni.

Gran parte delle conversazioni sulla scultura avute con il maestro , è stata spesa intorno a problemi relativi alla specifica ricerca di “alchimistiche” combinazioni tra materiali lapidei oppure sui vizi e le virtù delle pietre naturali, le più e le meno pregiate come quelle più o meno lavorabili e ancora su complessi studi per ottenere l’effetto del bronzo lavorando la pietra e così via. Questi racconti avvincenti, che spiegano il nucleo della ricerca di Alfonso Gialdini, si dirigono poi abitualmente verso l’affascinante rievocazione della volta in cui riuscì a procurarsi, per farci una scultura, uno splendido e unico blocco di legno tek -forse l’albero di un’antica nave o la trave di una vetusta costruzione- o di quando trovò in natura un piccolo e circoscritto giacimento di pietra da lavorare. Il suo ufficio domestico, separato dall’officina in cui scolpisce, ricorda un piccolo studiolo rinascimentale dove innumerevoli componenti si uniscono in un insieme unitario e indecifrabile: arnesi, curiosità, fossili, miniature, fogli disposti ordinatamente in perfetto disordine. Evidentemente dello scultore, accanto alla priorità di una vivida umanità, emerge il sostrato dei suoi compiuti studi di ingegneria meccanica che lo portano a legare fortemente l’azione creativa e ideativa, in lui libera e sensibilmente emotiva, con i meccanismi di controllo e programmazione propri del metodo scientifico. Il risultato è sorprendente perché si rivela capace tanto di far comprendere le virtù tecnico-costruttive della scultura quanto di trasportarci con immediatezza nel mondo delle idee e delle emozioni. L’artista investe sia in scultura figurativa sia in opere di ricerca dinamica, astrattamente formali: scolpisce in sintesi seguendo un’ispirazione di tipo sintetico-antropomorfo. L’oggetto principale del suo studio è la rappresentazione della figura femminile, proposta in numerose varianti di sensibilità: ferina Venere steatopigica di sapore tribale o esile, ma monumentale, tuffatrice sospesa per aria . Ancora, fatta tutta di membra, calda protettrice dell’uomo che avvolge con forti abbracci o fiera sostenitrice del primario contributo femminile alla vita , quando non ambisce a suonare con il proprio corpo come la cassa armonica del violino . L’alternativa per lo scultore sono le teste di cavallo, naturalistiche rappresentazioni di colli nervosi, negli studi per sé, o dinamiche e forti macchine belliche, come locomotive in corsa con le redine che diventano bielle : cavalli che sono il simbolo della corsa alla liberazione dei popoli, bestie forti e docili che stramazzano, sacrificandosi di fronte a un ingiusto e violento trattamento del padrone . Il Rompighiaccio, sul tema-studio delle teste di ariete, rappresenta ancora questa tensione potente, difficilmente governabile lanciata verso un destino mortale. A Genova il maestro, dal 1995, mette a disposizione dei degenti dell’ex ospedale psichiatrico di Quarto, i propri mezzi e conoscenze, organizzando corsi di scultura all’interno di un programma di riabilitazione espressiva: ottiene particolari successi nel veder migliorare, anche attraverso questa esperienza la condizione degli allievi.

Marco Franzone

(saggista in storia arte genovese)
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