User:Gf.94

From Wikimedia Commons, the free media repository
Jump to navigation Jump to search

DOVE INIZIA LA MAFIA

Per coloro che non vivono a stretto contatto con la malavita, la Mafia può sembrare un'entità distante, il mostro di una fiaba che abita in regni lontani ed involuti. Eppure le radici della Mafia sono insite nell'uomo e la nostra società ne è ancora imbevuta come una pianta soffocata dall'edera. È la nostra storia, basata sul dominio dell'uomo sull'altro uomo, sull'uso della forza e dell'inganno. L'amicizia vera dovrebbe essere il fluido salutare che fa degli uomini una vera famiglia universale. L'involuzione dei singoli uomini ha dato vita a molteplici famiglie, una contro l'altra. Ognuna vede nell'altra un potenziale nemico. Ed è così che sono nati i clan, le tribù, le cosche, le sette segrete, le religioni, le città e persino gli stati. È ancora molto lunga la strada che porterà i cuori ad aprirsi, le menti ad illuminarsi, le barriere a dissolversi. Per sciogliere un nodo, bisogna prima conoscerlo e allentarlo…


LA STORIA DI IANO

Quando nel 1994 una parte del quartiere C.E.P. di Messina protestò contro l'arresto del suo boss, Sebastiano Ferrara detto Iano, la stampa gridò allo scandalo. Persino un prete, Don Caizzone, che spese delle parole in difesa di Iano, venne aspramente denigrato dai giornali. Improvvisamente la società italiana si accorse che la Mafia non era solo accettata, ma anche amata da una parte della popolazione. Un giovane boss era diventato il mito di tanti. Un “Robin Hood” moderno che aveva trasformato il C.E.P. di Messina in un'oasi di pace. Un quartiere popolare di periferia che dopo l'arresto del suo protettore – guarda caso - ricadde nel peggior degrado. Nessun giornale lontanamente ipotizzò che responsabile potesse essere anche lo Stato con la sua latitanza, la sua incuranza verso i più deboli e l'ingiustizia – alle volte - dei suoi sistemi amministrativi e giudiziari.

Quella di Iano, detto “il boss buono”, è una storia di gran rilievo, se la si approfondisce con attenzione, senza fermarsi alle emozioni di superficie. Conoscere il contesto e le motivazioni delle scelte di Iano, fa luce sulle condizioni di vita di un Sud spesso abbandonato a se stesso, senza vere opportunità. Fa luce anche su un sistema politico, giudiziario e carcerario facilmente inclini alla corruzione. La storia di Iano rivela che la disonestà umana è ancora stagnante nei vari meandri della società. Diventa perciò difficile, se non impossibile, creare una linea netta di demarcazione fra Stato e Antistato così come diventa difficile capire, quando si ha un problema, se è meglio rivolgersi alle istituzioni o alla malavita.

La storia di Iano è quindi utile a comprendere meglio i meccanismi che hanno generato la Mafia e che la mantengono viva, che l'alimentano. Basti pensare al carcere, che ha chiaramente fallito come deterrente contro i comportamenti malavitosi, dato che non fa altro che rafforzare le alleanze fra i criminali e stabilirne di nuove con altri clan. Il carcere ha funzionato anche come centro operativo per pianificare attentati e nuove faide per il controllo dei territori. Non ha contrastato e sgretolato le famiglie mafiose, ma ha spesso catalizzato e amplificato l'ingranaggio mafioso. Anche il sistema giudiziario non ne esce certo bene: i soldi e le amicizie influenti, così come i ricatti, riescono facilmente a deviare il corso di una vera Giustizia.


Che storia è quella di Iano? Una storia di denuncia che chiude i cuori e cancella la speranza per un mondo più onesto? Una storia che induce a diffidare di tutti, persino dello Stato? Una storia che può spingere a vedere nella Mafia l'unica via di sopravvivenza in un mondo così corrotto? Questo dipende da noi, da ognuno di noi. Dalle nostre scelte quotidiane. Anche Iano, fin da piccolo, ha potuto scegliere. Anche lui è stato educato all'onestà dai suoi cari e, nello stesso tempo, tentato all'inganno e al crimine da altri parenti. Tutti possiamo e dobbiamo sempre scegliere. È proprio la “scelta”, il tema principale che rende interessante la storia di Iano. Alcune volte Iano ha scelto di essere onesto, di restituire la refurtiva al legittimo proprietario, altre volte ha scelto di togliere la vita ad un killer rivale. Come un Giano Bifronte, ha avuto due facce. A volte ha scelto di mentire ed altre volte ha scelto di dire la verità. Non si tratta quindi solo di scegliere fra un'azione onesta ed una azione disonesta, ma di capire le motivazioni di tali scelte. La storia di Iano, il boss buono del C.E.P. di Messina, non è soltanto una delle tante storie di mafia, ma può diventare una riflessione sul più grande potere nelle mani dell'uomo: la scelta.


L'arresto di Iano che scatena la protesta popolare apre la storia, ma subito viene interrotto dal flashback che ci porta indietro all'infanzia di Iano. A cinque anni, Iano viene portato dal padre nel nuovo quartiere popolare di Messina, il C.E.P., sigla che sta per Centro di Edilizia Popolare. Un quartiere ancora in costruzione che il piccolo Iano crede di dover contribuire a edificare. Il bambino cresce dividendosi tra i giochi in piazza con gli amici e il lavoro mattutino con lo zio e il nonno paterno, venditori ambulanti di frutta. Dopo il lavoro va dritto alla scuola pomeridiana. Presto, per attirare la stima dei suoi amici, Iano inizia a fare la cresta sui guadagni dei sopraindicati congiunti. E quando aiuta suo padre ad installare antenne, inizia a commettere i primi furtarelli nelle case dove si trova a lavorare. Il suo senso di colpa non riesce a fermarlo, più forte è l'istigazione ricevuta dal fratello maggiore Carmelo. Nel giro di poco tempo diventa un piccolo delinquente quasi senza rendersene conto. Quella del piccolo furto diventa una abitudine quotidiana. È il modo migliore per primeggiare davanti ai coetanei. È anche l'unica soluzione che permette al suo gruppo di amici di concedersi ogni divertimento.

Crescendo, i crimini diventano sempre più gravi e non tutti finiscono bene. Spesso Iano viene colto sul fatto e preso a botte. È ormai un quindicenne. Uno dei suoi amici, detto il Gallina, un totale imbranato, arricchisce di comicità le avventure di Iano. Per l’ennesima volta il fratello Carmelo finisce in carcere e, in occasione di una visita, Iano inizia ad interessarsi alle storie dei malavitosi rinchiusi in carcere. Vuole conoscerli, diventare loro amico, li considera uomini incredibili, dalle vite affascinanti. Un giorno litiga con una guardia che non lo fa entrare a colloquio con il Mulè detto “Culu niru”, un amico del fratello. Tanta è la rabbia di Iano, che a soli diciassette anni si fa arrestare per aggressione nei confronti della guardia. Passa in carcere un mese intero, dove in quei giorni era già abbastanza noto per essere stato vittima di un agguato, rimanendo ferito da un colpo di fucile. Da lì la vita di Iano cambia. Conosce diversi rappresentanti della malavita messinese, stringe nuove - pericolose - amicizie. Il fratello Carmelo lo fa entrare nel clan di Gaetano Costa attraverso il rito di affiliazione. Dopo esser tornato in libertà, fa visita al fratello in carcere e scopre che lui e il Mulè sono stati picchiati dal Di Blasi il braccio destro di Gaetano Costa. È in questa occasione che Iano viene incaricato dal fratello di vendicarlo, dato che vogliono accoltellarlo. Per salvare Carmelo, bisogna intimorire i parenti dei possibili killer chiusi in prigione. Scatta immediatamente in Iano l'urgenza di difendere il fratello. I più grandi gli consegnano una bomba da mettere sotto casa della famiglia dell'uomo che aveva cercato di uccidere il fratello. È una casa in cui si trovavano anziani e bambini. La bomba fortunatamente non esplode e Iano, ancora oggi, crede che non sia esplosa grazie all'intervento miracoloso di una Madonnina sita in una nicchia fuori dalla porta. Il fratello e il Mulè vengono trasferiti in una altro carcere, ma anche in quello vi sono affiliati del clan Costa ed ormai è stata emanata una condanna di morte nei loro confronti. Iano, assieme ad un amico, intimidisce un ragazzo del clan Costa, sparando dei colpi alla finestra della sua casa. In seguito si allea con un'altra vittima del clan Costa, il Cariolo, ed entra nel suo clan. Insieme, spaventano altri affiliati del clan Costa. Intanto il padre di Iano muore a causa di un infarto.


La faida fra i due clan si inasprisce. Durante lo stesso periodo, Iano perde un carissimo amico, Giovanni Reisposto, ucciso dai fratelli Arnone, erroneamente convinti fosse coinvolto nell’episodio della bomba. Gli stessi, ripresi da una telecamera del carcere lungo le cui mura è avvenuto l'omicidio, sono arrestati e quindi tolti di mezzo. Nel giro di pochi mesi la madre di Iano scopre di avere un tumore. Nel giro di un anno, anche lei trapassa. Iano, rimasto orfano assieme ai tre fratelli e quattro sorelle, viene raggiunto dai fratelli Rizzo che lo vogliono alleato per scatenare una vera guerra contro il clan Costa. Iano accetta. Iano partecipa ad un primo agguato contro un affiliato del clan Costa. È la prima volta che Iano spara da una macchina in corsa. Riesce a ferire il nemico e lo vede cadere come al rallentatore, immagine che ancora oggi lo accompagna. Per sbaglio colpisce anche due persone innocenti. Questo agguato scatena un vero conflitto tra bande tanto che si succedono una serie di agguati senza pietà. Iano è convinto di agire nel giusto. Se non aggredisce per primo, finirà ucciso. L'uscita del Di Blasi dal carcere inasprisce la situazione. Vi sono morti e feriti da entrambe le parti. Iano e il suo gruppo si organizzano per uccidere il Di Blasi, riescono a scovare il suo nascondiglio, ma durante il primo agguato l'uomo riesce a salvarsi grazie ad un giubbotto antiproiettile. Messo alle strette, il Di Blasi si lascia arrestare dai carabinieri. Era latitante già da un po' di tempo. È la sua salvezza. La faida però non si spegne. Iano, scampa la morte in un agguato eseguito da una raffica di mitra. Sorte che non toccò al suo amico Masino, assassinato dagli stessi killer e nel medesimo modo. Intanto nessuno in carcere osa torcere un capello al fratello Carmelo, per paura di ritorsioni da parte di Iano, temuto ormai dai suoi nemici. Il suo primo obiettivo è stato raggiunto.

Operazione dei sessantavove

Nel 1981 la guerra viene interrotta da un arresto collettivo: l'operazione dei “sessantanove”. A soli diciannove anni, Iano è arrestato con molti suoi compagni. Gli investigatori non hanno però delle vere prove ma solo indizi. Rimane in piedi, contro Iano e i suoi amici, solo l'accusa di associazione a delinquere. Intanto la madre muore e Iano ha un permesso per darle l'ultimo addio. In carcere il clan Costa organizza un attentato contro il clan rivale Cariolo Rizzo di cui Iano fa parte, ma Iano e i suoi riescono a scamparla liscia. Sono riusciti a far entrare di nascosto delle armi in carcere. Dopo un anno Iano e i suoi amici sono liberi. Tornato nel suo quartiere, decide che è ora di proteggere il C.E.P. da ogni forma di pericolo. Iano e i suoi amici si ripromettono di non commettere più furti nel C.E.P. e decidono che non si deve spacciare droga. Vogliono portare ordine e valori. Proteggeranno gli abitanti del quartiere e aiuteranno le persone in difficoltà. Inizia la creazione di un quartiere “bunker”. Chiudono l'ingresso dal torrente, lasciando solo gli accessi dalla statale che possono sorvegliare meglio. Organizzano delle squadre armate che controllano chiunque entri nel quartiere. Hanno fucili e pistole spianate. In tutta la città si sparge la voce di questa operazione. Anche i nemici di Iano si tengono alla larga. Molte persone iniziano a cercare casa nel C.E.P. che è improvvisamente diventato un luogo sicuro. Intanto il Cariolo decide di cambiare vita e il suo clan inizia a sciogliersi. Il “Pimpo” prende in mano le redini del clan dal carcere, mentre Iano lo gestisce dall’esterno facendosi carico di tutte le esigenze del gruppo. Così, con i suoi amici, inizia a prendere il pizzo da alcuni commercianti di Messina, tra cui due case di appuntamento che si sono rivolte spontaneamente a lui per avere la sua protezione. Con quei soldi Iano riesce a pagare anche le spese del Pimpo e di altri loro affiliati detenuti in carcere. Anche il Cambria, come il Cariolo, decide di uscire dal clan per cambiare vita. Iano gli consiglia di trasferirsi nel C.E.P. per essere più sicuro, ma lui non vuole accettare il consiglio e viene ben presto ucciso. Gli uomini del clan Costa chiedono un appuntamento con Iano. Lui accetta accogliendoli nella propria abitazione nel C.E.P., ma fa armare per bene i suoi amici. Il clan Costa chiede a Iano di non cercare vendetta per la morte del Cambria. Viene proposto anche di spartire i proventi delle estorsioni. Iano non accetta ma riferisce di tenersi fuori da possibili azioni contro di loro. Iano intuisce che sono venuti a studiarlo per farlo fuori. Così ordina di uccidere uno dei loro killer più spietati, il cocainomane Brugarello. Dopo un lungo appostamento, i suoi fedeli lo eliminano in un bar. Iano riesce così a spiazzare i suoi nemici giocando d'anticipo.

Iano cura intanto il suo quartiere che inizia a venerare il suo protettore quasi come un re. Iano riceve anche il corteggiamento di signore più grandi attirate dalla sua fama, lui non riesce a dire di no. Presto si arricchisce e si concede, con gli amici, a viaggi in varie città d’Italia, tra cui Milano, dove assiste anche ad uno spettacolo di Moana Pozzi che lo invita sul palco durante l’esibizione e gli chiede persino di scendersi i pantaloni. Lui preso dall’emozione del momento, dimentica di avere dei mutandoni di lana per un problema di artrite. Viene sommerso dai fischi. Una vera figuraccia! Un giorno, per difendere il cognato da due aggressori, finisce in carcere assieme al cognato. Si scopre che gli aggressori sono due carabinieri. In carcere rincontra un calabrese di Cosenza, Mario Pranno, a capo di un clan. Riesce a farlo sistemare nella sua cella. I due rinnovano l’amicizia. Uscito dal carcere va a Cosenza dove attraverso il rito della pungitura si allea con il gruppo di Perna, e diventa suo referente per Messina. Viene anche invitato in una cena molto sfarzosa con tutti i capi malavitosi del luogo. Gli sembra davvero di essere in un film americano di gangster. Durante il periodo di detenzione in carcere, da un affiliato del clan Costa, che sempre ha mantenuto il rispetto per Iano, gli viene riferito che era stata decisa la morte di Gambadoro, affiliato di Iano. Iano lo avvisa, tramite i suoi familiari venuti a fargli visita, ma il Gambadoro sottovaluta l'avvertimento e viene ucciso. Iano decide che deve impedire cose del genere, deve rendere il C.E.P. una fortezza inespugnabile. Organizza per prima cosa la vendetta per far fuori i killer del Gambadoro.

Nel 1984 nasce il primo figlio di Iano, Alessandro, e lui organizza una grande festa nel quartiere. Nel 1985 viene arrestato dopo sei mesi di latitanza per estorsione, associazione di stampo mafioso ed altro. In carcere, fonda il suo clan indipendente dal vecchio gruppo rappresentato da Pimpo Salvatore, detto “Toruccio”. Durante la detenzione Iano viene ricoverato in ospedale, dove, grazie alla sua fama e al saper fare, riesce a ottenere visite di amici e parenti, che trasformano il ricovero in una villeggiatura. Inoltre riesce a ottenere, nonostante la continua vigilanza, una stanza personale all’interno della quale ha la possibilità di dormire con la propria moglie. Subisce un processo in un'aula bunker all'interno del carcere di Gazzi. Dopo alcuni mese viene scarcerato per decorrenza dei termini del maxiprocesso. Nel 1987, fuori dal carcere, inizia a stringere rapporti con alcuni uomini politici, anche con il sindaco di Messina. Il comune incomincia a pagare le feste del quartiere. Il sindaco viene eletto senatore grazie all'aiuto di Iano. Il senatore aiuta Iano a risolvere un caso pendente di giustizia, evitando di essere trasferito ad Imperia. Il giudice, il dott. Cucchiara, che doveva procedere accetta di aiutare Iano in cambio di una donna con cui fare sesso. Lo stesso accade con un magistrato che, durante un incontro avvenuto in casa di Iano, decide, in cambio di un favore per il figlio candidato alle elezioni comunali, di far scarcerare un affiliato di Iano.

Il C.E.P. grazie all'aiuto della politica viene fatto abbellire e viene sistemata anche la fornitura dell'acqua. Diventa una piccola oasi di tranquillità Iano si ritrova spesso a cena con i calciatori del Messina nel suo Gabbiano Azzurro, un ristorante da lui aperto. Gli affari vanno bene, ha tanti clienti grazie alle sue conoscenze. Ha giusto qualche problema con un maresciallo dei carabinieri che non vuole fargli montare uno schermo per le partite di Italia ‘90. Dopo esser andato in caserma e aver parlato col Capitano, Iano risolve la situazione e lo stesso maresciallo diventa suo amico, controllando il fratello Carmelo in carcere e prelevando il pizzo per suo conto in una delle case da gioco. Iano si frequenta intanto con altre donne, una volta la moglie se ne accorge, ma lui riesce a dissimulare. Nel '92 si incontra col sottosegretario agli interni Saverio D'Aquino. In cambio di appoggio nella campagna elettorale, Iano chiede di risolvere un caso giudiziario per evitare una condanna definitiva in cassazione di 9 anni. Parte però in quel momento l'inchiesta della procura di Milano detta “mani pulite” e l'onorevole D'Aquino non è più in grado di aiutarlo. Iano si da per latitante. Per precauzione manda un uomo di fiducia, a parlare col senatore al fine di registrare l'intera conversazione.

Messina viene intanto sconvolta dall'insorgere del clan di Giorgio Mancuso deciso a far fuori anche Iano. Iano viene raggiunto a sorpresa nel suo ristorante da affiliati di questo clan, Mancuso compreso. Iano finge di essere armato, tenendo la mano in tasca al suo cappotto. Si sono presentati “in pace” per chiarire la questione di un imprenditore che paga il pizzo a Iano e che loro hanno raggiunto. Gli offrono della cocaina, ma Iano rifiuta. È contrario alle droghe, ma soprattutto sa anche che, con quel sistema, i suoi avversari hanno ammazzato altri rivali. Mentre le ignare vittime sono impegnate a sniffare, le eliminano con un colpo di pistola alla nuca. Il gruppo si dilegua e Iano ne approfitta per rientrare, con la famiglia, al C.E.P. Appena in tempo perché il Mancuso, insoddisfatto dell'incontro, torna indietro con l'intenzione di fare fuori Iano. Adesso bisogna difendersi dal nuovo nemico: il Mancuso. Iano si allea con altri clan: Galli, Marchese e i fratelli Leo. Inizia la caccia al Mancuso. Nel frattempo il Mancuso uccide lo storico rivale di Iano, il Di Blasi. Seguono una serie di agguati in cui vengono fatti fuori quasi tutti gli affiliati del Mancuso, questo segna la sua fine. Il Mancuso viene però arrestato.

Nel frattempo si accese una faida fra altri due clan: i Pellegrino e i Vitale e Iano viene coinvolto per sistemare la faccenda che sta andando fuori controllo. Fa sparire nel nulla tre killer pericolosi e scomodi dei Vitale. Finisce così la faida tra i due clan. Iano conosce intanto dei giudici ed inizia a scambiare dei favori con loro. A Bari sfuma l'affare dell'Achille Lauro, la nave ancora sequestrata per gli eventi degli anni '80 e che si intendeva trasformare in un casinò di lusso, ma l'accordò sfuma quando Iano viene raggiunto da un ordine di cattura per un cumulo di pene da scontare. Iano si dà alla latitanza, chiuso in casa, nascosto in un'intercapedine nella parete di un muro. Durante la latitanza, nel 1994, assiste all'attentato al giudice Falcone e ne rimane sconvolto. Sente che è finita la mafia di un tempo, quella con degli ideali, ormai sostituita da un terrorismo cieco e crudele. Non è più la mafia storica del bandito Giuliano, l'uomo del popolo a cui lui si è sempre ispirato.

Intanto lo Sparacio, alleato di Iano nella guerra contro Mancuso, inizia a giocare sporco per accaparrarsi la piazza dello spaccio della droga. Iano essendo contrario alla sua iniziativa decide di ucciderlo. Intuito ciò, lo Sparacio si presenta alle forze dell'ordine con l’intenzione di collaborare. Iano avverte che le cose stanno cambiando, perciò, inizia a recuperare più soldi possibili per affrontare quello che sta per arrivare. Dopo due anni, a causa di una soffiata del suo braccio destro, le forze dell'ordine lo scoprono e lo catturano. Una folla di persone del C.E.P. si riunisce sotto la sua casa per protestare contro la cattura. Scoppia un caso giornalistico nazionale: tutta la stampa e le tv parlano di Iano e del suo quartiere che si è ribellato alla sua cattura. Persino il prete del C.E.P., Don Caizzone, lo difende e viene immediatamente accusato dalla stampa di legittimare la Mafia. È un grande scandalo che fa notizia. In cella d'isolamento, Iano riceve la visita dei suoi avvocati che gli illustrano la sua posizione giuridica: rischia parecchi ergastoli dato che molte persone hanno cominciato a collaborare. Molti pentiti hanno fatto il suo nome anche per colpe da lui non commesse. È diventato un capro espiatorio. Un avvocato gli consiglia di collaborare. Non c'è modo di difendersi agevolmente dalle false accuse. Rischia davvero grosso se non collabora. Con le nuove leggi antimafia e il crollo politico dei suoi sostenitori, non c'è altra scelta che collaborare. Iano accetta. Scopre intanto che nella polizia vi sono conflitti interni: il Commissariato Duomo con cui si è confidato è diffidente della squadra mobile e non vuole che Iano collabori con essa. Quando Iano inizia a confessare ai giudici e alla squadra mobile i suoi collegamenti con l'onorevole D'Aquino e con alcuni magistrati, le cose si complicano.

I poliziotti del Commissariato Duomo vengono formalmente allontanati e Iano è trasferito nella caserma di Vibo Valentia. Grazie ad una visita della moglie riesce a recapitare dei messaggi ai suoi affiliati, invitandoli a collaborare perché avrebbe fatto il loro nome. Si sono ormai aperti forti contrasti fra gli organi dello stato e Iano viene, primo caso in Italia, considerato un pentito inattendibile e si rinuncia alle sue deposizioni. Iano capisce il pericolo, la sua famiglia perde ogni tipo di protezione. Teme di esser fatto fuori. Capisce di essere spiato. Rimuove continuamente microspie dalla sua cella. Riesce, tramite la moglie, a far avere delle lettere: una indirizzata al capo dell’antimafia nazionale Siglari, una al capo della polizia Parisi e la terza al ministro della giustizia Biondi. Minaccia pure di darsi fuoco pur di attirare l'attenzione della stampa. Riesce così a riportare l'attenzione su di sé. È l'unico modo per sopravvivere. Se viene ucciso, risulterebbe chiara la corruzione che lui ha denunciato. Provano a fargli cambiare versione, ma Iano non si sottomette. Viene spostato al carcere di Nuoro. Nonostante Iano riesca a recuperare la sua credibilità, non si procede contro l'onorevole D'Aquino, gli si lascia concludere il mandato e poi si attende che una malattia incurabile lo porti via.

Iano comunque riceve la promessa di essere riammesso nel programma di protezione. Sono intanto indagati i cinque componenti del DDA di Messina che si sono rifiutati di indagare sull'onorevole D'Aquino. Si crea una nuova bufera mediatica. Iano è stato additato come doppiogiochista per difendere gli sporchi interessi di chi avrebbe dovuto garantire la Giustizia. Dopo circa un anno dall'arresto, Iano viene scarcerato dal tribunale di Catania con l'affidamento in località protetta del centro Italia. Iano e la sua famiglia iniziano una nuova vita, lontano ormai dai riflettori. Il C.E.P., senza più Iano a difenderlo, è ritornato nel più grande degrado. È in mano a una criminalità disorganizzata, dannosa per sé e per gli altri. Iano è dispiaciuto che molti ragazzi abbiano perso la speranza nel futuro e prendano a modello lo stile di vita delinquenziale. È per questo che decide di scrivere, insieme al figlio, la storia della sua vita. Per sciogliere un nodo, bisogna prima conoscerlo e allentarlo…