File:Erupting vesuvius year 1834, seen by Giacomo Leopardi - Detail of portrait of Lucio Caracciolo di Roccaromana by Gaetano Forte - San Martino Museum in Naples (26534981420).jpg

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GIACOMO LEOPARDI E IL VESUVIO La foto mostra un particolare del ritratto di Lucio Caracciolo duca di Roccaromana presso il Museo di San Martino a Napoli. È firmato e datato Gaetano Forte, 1834. Il Vesuvio raffigurato sullo sfondo mostra quindi l'eruzione del 1833-34, le cui colate laviche si diressero verso Ottaviano (a destra dell'immagine) anziché verso Torre del Greco. Ad assistere a questo fenomeno fu Giacomo Leopardi, quando abitava in Via Nuova Santa Maria Ognibene n° 52, da dove vedeva tutto il golfo di Napoli. Il 5 aprile 1834 scrive infatti: "...io sono passato a godere la migliore aria di Napoli abitando in un'altura a vista di tutto il golfo di Portici e del Vesuvio, del quale contemplo ogni giorno il fumo ed ogni notte la lava ardente". Un'esplicita testimonianza dell' "attenzione" che il recanatese riservava al vulcano, certamente non quella del curioso o del viaggiatore, bensì quella del filosofo materialista. Di questa esperienza sono testimonianza posteriore i versi de "La Ginestra", nei quali è descritta un'eruzione in atto, vista a distanza: "...esplora il corso / del temuto bollor, che si riversa / dall'inesausto grembo / su l'arenoso dorso..." (vv. 255-258); "...vede lontan l'usato / suo nido, e il picciol campo, / che gli fu dalla fame unico schermo, / preda al flutto rovente, / che crepitando giunge, e inesorato / durabilmente sopra quei si spiega" (vv. 266-271). Ma, soprattutto, i versi che seguono sembrano quasi la descrizione letteraria dell'eruzione raffigurata in foto: "...così d'alto piombando, / dall'utero tonante / scagliata al ciel profondo, / di ceneri e di pomici e di sassi / notte e ruina, infusa / di bollenti ruscelli, / o pel montano fianco / furiosa tra l'erba / di liquefatti massi / e di metalli e d'infocata arena / scendendo immensa piena..." (vv. 215-225). In questi versi c'è lo stupore del poeta sul perdurare delle colate laviche ("inesausto grembo"), visibili come un fiume di fuoco soprattutto di notte per il loro rossore, che si riverberava nel mare ("flutto rovente") e c'è anche il rimbombare del vulcano, risuonante a chilometri di distanza da Napoli ("utero tonante"). Diversa è la visione "ravvicinata" del Vesuvio quando Leopardi si reca a Villa delle Ginestre a Torre del Greco, che una precedente eruzione aveva sfiorata con una colata lavica. Questa è ancora visibile, sia perché tagliata dall'autostrada Napoli-Pompei-Salerno, sia perché individuabile da una pineta, piantata sopra per creare uno strato vegetale e occultare la lingua nera della roccia vulcanica, fratturata nel tempo dal dilatarsi delle radici.

"La Ginestra" registra questo contatto diretto di Leopardi con il Vesuvio: "Sovente in queste rive, / che desolate, a bruno, / veste il flutto indurato, e par che ondeggi, / seggo la notte" (vv. 161-164). Altri accenni riguardano le "ceneri infeconde", l' "impietrata lava", ecc.
Date
Source Erupting vesuvius year 1834, seen by Giacomo Leopardi - Detail of portrait of Lucio Caracciolo di Roccaromana by Gaetano Forte - San Martino Museum in Naples
Author Carlo Raso from Naples, Italy
Camera location40° 50′ 36.67″ N, 14° 14′ 27.92″ E Kartographer map based on OpenStreetMap.View this and other nearby images on: OpenStreetMapinfo

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This image was originally posted to Flickr by Carlo Raso at https://flickr.com/photos/70125105@N06/26534981420. It was reviewed on 25 June 2022 by FlickreviewR 2 and was confirmed to be licensed under the terms of the Public Domain Mark.

25 June 2022

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