File:Pozzuoli veduta (Letizia).jpg

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Italiano: "Veduta di Pozzuoli dalla parte di Napoli". Disegno di Francesco Antonio Letizia (1774).
  • L’Antichità di Pozzuolo

(Pozzuoli come era 241 anni fa)

Nei disegni inediti di Francesco Antonio Letizia (1774)

Tav. IV – f. 17v - 18 Veduta di Pozzuoli dalla parte di Napoli (cm- 37,7 x 26)

La prima delle tre vedute di Pozzuoli mostra il lato della città che volge alla via regia (attuale corso Umberto I (via Napoli). La veduta sembra che sia stata ripresa dall’alto, è solo apparenza; in realtà è una sintesi di vari punti di vista. Letizia con meticolosità e puntigliosità la descrizione dell’agro circostante, altri autori di solito eliminavano oppure veniva rappresentata come una macchia indistinta (ho fatto carriera militare nella specializzazione di “disegnatore topografico”, all’epoca mancava la ripresa aerea per vedere dall’alto il territorio sottostante e soprattutto mancava il rilievo fotografico. bravo Letizia). In primo piano a sinistra, alla prima biforcazione della via regia appaiono il convento dei Domenicani, con la chiesa di Gesù e Maria (ora San Vincenzo Ferrer) e, proteso sul mare, l’ospizio dei Cappuccini (oggi, c’è lo scheletro del ristorante “Vicienzo ‘a mmare”). Alle pendici del rione Terra, sotto la rampa che conduce sull’acropoli si nota l’arco in bugnato di Porta Napoli (sotto ‘u pont) (bugnato è costituito da blocchi di pietra sovrapposti a file sfalsate, usato nell’architettura romana e medievale e specialmente nelle facciate dei palazzi rinascimentali (vds Roma, Firenze), preventivamente lavorate in modo che i giunti orizzontali e verticali risultano scanalati ed arretrati rispetto al piano di facciata della muratura. Tale lavorazione ‘ sin dall’origine funzionale allo sgocciolamento dell’acqua piovana, che in tal modo non viene assorbita dagli interstizi di giunzione); sul gomito del ponte si trova la chiesa della Purificazione e, più in alto, quella del Purgatorio. Tra le due chiese si erge la sagoma di palazzo Maglione, molto più visibile che nella tavola IV del Paoli. Sul rione Terra, oltre i principali palazzi del patriziato puteolano, sono evidenziati gli apparati difensivi della cinta muraria, su cui spiccano alcuni cannoni puntati verso il mare. Dal lato opposto si scorge la cresta oltre la quale si apre la piana del borgo, interrotta dalla chiesa di San Raffaele Arcangelo, presso la quale è una strada caratterizzata dai numerosi archi di sostruzione (struttura muraria, in tutto o in parte sotterranea, che rappresenta la base di sostegno in pendenza per servire da fondamenta e base orizzontale di una costruzione sovrastante utilizzata in pendenza); all’estrema destra si riconosce palazzo Lusciano quale appare anche in Paoli, tav. IV, nr. 5, come Villa dov’è un’antica Piscina.

Nel 1989, Giuseppe Camodeca, effettuando delle ricerche presso la sezione Manoscritti e Rari della Biblioteca Nazionale di Napoli, notò un manoscritto settecentesco, L’antichità della Città di Pozzuolo, il cui autore, Francesco Antonio Letizia, non sembrava rientrare fra i già noti descrittori delle antichità dei Campi Flegree. Francesco Antonio Letizia col il materiale inedito dei Campi Flegrei disegnato nel 1774, rappresenta in un campo come quello iconografico dove da tempo non appariva più alcuna sostanziale novità. L’autore del manoscritto, Francesco Antonio Letizia, un giovane Pugliese di Francavilla Fontana, che era stato a lungo nei Campi Flegrei avendo lavorato come “soprastante” della Real Petriera del Monte Olibano, volle illustrare coi suoi disegni <<al vivo tutti que’ monumenti antichi che in Pozzuolo vi sono>>, a sentire lui, fu incoraggiato nell’impresa dal personaggio famoso e autorevole come Sir William Hamilton. Bisogna ricordare che Letizia non era in grado di capire e di comprendere alle antichità sparse nei Campi Flegrei, Paolo Antonio Paoli aveva già iniziato la suo opera nel 1768. La sua scarsa cultura letteraria non gli consentì che di ricorrere come testo da illustrare all’antiquata guida seicentesca di Giuseppe Mormile, dal sito et antichità della città di Pozzuolo (1617), qualche brano tratto dal Sarnelli e poche osservazioni originali, il tutto revisionato da un giovane erudito, Marcantonio de Angelis. Invece i disegni ad inchiostro del Letizia, di gusto naif, da buon dilettante, e forse per questo non particolarmente apprezzati dal suo illustre committente (Hamilton), che disponeva di ben altri artisti , sono per questi stessi motivi particolarmente interessanti per noi, non solo, per quelle tavole con piante ed alzati di monumenti flegrei del tutto originali, e talvolta unici (come il prospetto settentrionale dello stadio d’età antonina, o alcuni monumenti funerari della via Campana), quanto in particolare per alcune vedute assai realistiche del paesaggio flegreo del 1700, fra le quali straordinaria per le novità dell’impostazione, la veduta del mare di Pozzuoli. Tuttavia una lettura attenta rese evidente la peculiarità, se non del testo, nel quale erano presenti diverse parti originali, almeno del suo corredo iconografico; ben quarantatre tavole inedite, molte delle quali di estremo interesse non solo per la storia delle antichità, ma anche per gli studi sull’assetto urbanistico e la descrizione topografica del territorio. Il manoscritto L’antichità della Città di Pozzuolo di Francesco Antonio Letizia, non fu mai stampato e fu anche presto dimenticato, riapparve soltanto nella seconda metà del XIX secolo, quando fu acquistato dalla Biblioteca Nazionale di Napoli e molto tempo dopo, fu visto da Theodor Mommsen che a sua volta ne trasse una scheda epigrafica per il decimo volume del Corpus Inscriptionum Latinarum (CIL. X 2799); e forse resta l’unico studioso che abbia adoperato l’opera di Letizia, benché presentata come semplice riassunto di Mormille. (L’esame dell’opera mostrò subito che l’autore aveva fatto largo uso di scritti già noti, in particolare dal Sito et antichità della Città di Pozzuolo (1617) di Giuseppe Mormile di cui, in definitiva, il nuovo testo doveva essere una riedizione). Francesco Antonio letizia è un nome sconosciuto, quindi non un uomo di lettere, né antiquario; ma, un uomo onesto, sufficientemente onesto da indicare che il testo non era suo. Era estraneo all’ambiente degli eruditi napoletani e dichiara che svolgeva a Pozzuoli l’attività di soprastante ai lavori di una Real Petriera, da identificarsi anche per quanto egli stesso aggiunge al f. 44 (v. Cap. 13), con la cava del Monte Olibano, da cui si estraevano i massi di lava impiegati sia nell’edilizia che in opere portuali. Purtroppo non si sa in quali anni Letizia effettivamente abbia occupato tale carica; nella Dedica, datata 1 gennaio 1774 l’incarico di sovrastante ai travagli puteolani risulterebbe già affidato ad altri, prima un certo Silvestro Magnasch, quindi a Prospero Vetti (ASN, casa Reale Antica, Affari Diversi, 886 (Pozzuoli, Travagli). In questi documenti, il cui oggetto è alquanto generico, non è mai menzionato il monte Olibano). L’unico dato certo dell’autore è il nome della sua città di origine: Francavilla Fontana (Brindisi). Dai documenti relativi al Catasto Onciario del 1753, si è potuto accertare l’origine pugliese di Letizia, (la famiglia abitante al Borgo delle Paludi, risulta formata dal padre Cataldo, di professione insalciatore, da Marta Carella (o Casella), e dai figli Francesco Antonio (primogenito), Domenico e Giuseppe Nicola), e risalire alla sua data di nascita, il 22 febbraio 1745. Pertanto, egli si occupò dei monumenti flegrei fra i ventitré e i ventotto anni. Nella stesura del manoscritto, c’è un elemento di particolare interesse delle Antichità dei Campi Flegrei è la dedica che Francesco Antonio Letizia rivolge a William Hamilton, ambasciatore straordinario d’Inghilterra a Napoli sin dal 1764. Nella dedica si sostiene, con insistenza, che fu proprio Hamilton a spronare Letizia a realizzare l’opera, e da essa sembra trasparire che la sua realizzazione dovette essere difficile, forse più volte interrotta, tanto da richiede vari solleciti. Alla fine dell’Opera, probabilmente, William Hamilton, non lo ritenne all’altezza delle aspettative. Il testo di Mormille, per quanto a tratti aggiornato o integrato, doveva apparire al colto autore dei Campi Phlegraei del tutto inadeguato a rappresentare efficacemente la realtà del territorio flegreo; e i disegni di Letizia, per quanto, ma non sempre, nuovi, ed eseguiti con ogni cura possibile, non reggevano al confronto con quelli degli artisti che gravitavano abitualmente nella corte di Hamilton. Le tavole di Letizia possono forse risultare deludenti, se si mettono al confronto alle raffinate incisioni di F. Morghen o del Paoli. L’autore, sprovvisto di una tecnica adeguata a rendere efficacemente le proporzioni e la prospettiva, ha sovente commesso errori nelle raffigurazioni dei monumenti, dei paesaggi, e della figura umana. Tuttavia, escludendo i casi, rari, in cui sono riprese incisioni preesistenti, i disegni di Letizia presentano molteplici motivi di interesse. La maggior parte delle tavole contiene dati importanti per lo studio dell’antica topografia flegrea e, in particolare, della storia urbanistica settecentesca di Pozzuoli. Le tre vedute generali della città, da differenti punti di vista, insieme agli scorci dell’abitato presenti nelle tavole di alcuni monumenti (fra cui la porta urbica, il tempio dell’acropoli, la statua Mavorzio), contribuiscono ad accrescere le conoscenze sul Settecento puteolano, momento che vede l’assestarsi del baricentro urbano del rione Terra al borgo sottostante, il cui sviluppo, iniziato con Pedro de Toledo, testimonia la nascita di una città nuova. Altro merito di Letizia è di aver riprodotto tutti i luoghi dal vero, senza reinterpretare la realtà che aveva di fronte.

(fonti integrali “L’Antichità di Pozzuolo nei disegni inediti di Francesco Antonio Letizia (1774) a cura di Giancarlo Lacerenza, presentazione di Giuseppe Camodeca – Sezione Editoriale Puteoli A.C.S.T. -Pozzuoli)
Date
Source https://www.facebook.com/groups/napoliretro/permalink/843337709076123/
Author Francesco Antonio Letizia

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